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Buon* maestr* si diventa ascoltando…

Buon* maestr* si diventa ascoltando…

Nelle scorse settimane abbiamo tenuto una redazione aperta presso il Tavolo giovani del Municipio 2 del Comune di Milano: a fare gli onori di casa Cristina Soffiantini, Fabio Brambilla, e con loro Carla Benoldi, Salvo Munaò e Martina Rappa, e un gruppo nutrito di ragazze e ragazzi con cui abbiamo avviato  una bella chiacchierata, l’ultimo tassello della nostra inchiesta su* buon * maestr*. Eccone uno stralcio, meditate insegnanti, meditate…

Madison: ho 13 anni e frequento la scuola Rinaldi in via Russo; ho dei buoni
insegnanti.

Nella tua vita ti è capitato di pensare, caspita ,lei/lui è un brav* insegnante?

Madison: Sì, la prof.ssa D’A., ce l’ho dalla prima media e insegna grammatica, geografia e anche storia. Noi impariamo molto da lei, spiega bene ed è gentile, tranne quando si arrabbia, in quel caso fa paura.

Cosa fa, come esprime questa rabbia?

Madison: Difficile spiegarlo bene. Ci sgrida e basta, poi continua la lezione.

Questa paura è una sensazione che provi soltanto tu o è comune a tutta la classe?

Madison: Non lo so, non so dire se gli altri provano le mie stesse sensazioni quando la prof si arrabbia.

Però dicevi che spiega bene. Hai la sensazione di aver imparato da lei?

Madison: Sì sì, però quando si arrabbia tutti restano così, in silenzio e non senti altro: la prof e noi che respiriamo. Abbiamo paura di parlarle contro.

Alessandro: Anch’io ho 13 anni e studio in Buzzati. E praticamente lo stesso di Madison, con la differenza che la mia professoressa non grida molto, ti guarda in modo molto serio e basta.

Hai incontrato anche alle elementari o alle medie che ti ti fanno pensare: “caspita, sono stato fortunat*”?

Alessandro: Sì, tante volte. Per esempio, i prof di italiano e matematica. Spiegavano bene, si capiva bene e riuscivo a imparare bene; e soprattutto la gentilezza, erano molto gentili. Sapevano anche scherzare con noi. Così mi sono affezionato.

Fatima: La mia insegnante di sostegno era molto brava. L’ho conosciuta alle scuole medie. Anche l’anno scorso ho avuto due bravi insegnati di italiano e di inglese.

Cosa avevano di particolare?

Fatima: Sono gentilissimi e considerate le mie difficoltà in italiano mi hanno sempre tanto aiutato.

Adesso, invece, cosa stai facendo?

Fatima: Sono al secondo anno in un liceo professionale sociosanitario a Sesto.

Ali: Non lo so, però le persone che mi insegnano qualcosa lo sanno fare bene.

Chi sono queste persone? Le persone che incontri a scuola?

Ali: In qualsiasi cosa.

Spiegaci meglio questo concetto.

Ali: Quando faccio un errore, o quando faccio qualcosa di sbagliato, trovo sempre delle persone che mi aiutano, oppure dicono di non farlo più, mi aiutano a migliorare nelle mie difficoltà.

Che classe fai, in che scuola?

Ali: La terza media nella stessa scuola di Madison.

Yman: Personalmente ho incontrato bravi insegnanti, persone che cercavano di farti migliorare; per esempio quando prendevi un brutto voto nella loro materia, cercavano di farti recuperare per non far rovinare la media, come il prof di matematica.

Questa cosa faceva sì che tu andassi a scuola con più piacere?

Yman: Sì, ti fa capire dove hai sbagliato nella verifica, ma non ti mette in difficoltà.

Salvatore: Io di “buon* maestr*”, avendo un’età più avanzata rispetto ai ragazz*, ne ho avuti parecchi. Però quella che ricordo, che mi ha dato di più, è stata una professoressa delle superiori che ho avuto solo un anno, quando avevo circa 15 anni. Ed è stata una buona maestra perché mi ha fatto soffrire. Cioè, io ero il tipo che non si impegnava parecchio. Appena lei notava che in una verifica magari ero andato bene, ma che non mi ero impegnato tanto lei in automatico mi metteva un brutto voto e io scoppiavo a piangere perché non ero abituato,  la prendevo male. Poi però mi ha fatto capire l’importanza dell’impegno in ogni cosa che facciamo, per questo la considero la migliore tra le buone maestre. Un bravo maestro è quello che è in grado di tirare fuori il meglio di te, che sia in grado di darti i mezzi, sia i dovuti incoraggiamenti e sia le dovute strigliate.

Siete daccordo con questa idea che un’insegnante deve tirar fuori il meglio dalle persone, ma in un certo senso pretendere il massimo? (Tutti daccordo!)

Liliana: Io ho avuto divers* professor* che ho riconosciuto come buon* docent*, avevano a cuore e molto la comunicazione tra di noi. Oppure alle medie avevo un prof che oltre a fare il suo lavoro da prof, parlava anche con noi delle nostre vite, delle nostre vicende.

Margherita: Volevo dire una cosa su questo tema del tirar fuori il meglio di te.

C’è una parola molto bella che è maieutica, un concetto caro al filosofo Socrate. Socrate, il filosofo greco, diceva che il suo scopo era lo stesso della levatrice – peraltro sua madre Fenarete era un’ostetrica ( trovate la sua bio nell’enciclopedia delle donne al link), quindi faceva nascere i bambini. E lui intendeva essere come una “levatrice” del sapere; il suo scopo era tirar fuori dalle persone quello che già avevano nella loro mente, e su questo lui esercitava la sua arte. La conoscenza è quindi un dialogo, come diceva Liliana, entrare in dialogo con le persone, ascoltarle e “dirigere” un po’ quello che loro pensano attraverso anche la tua esperienza.

Questo sembra essere un compito molto importante anche perché mentre impari, impari anche a conoscere te stess*. Qualcun’altr* ha voglia di dire qualcosa?

Fabio: Volevo sostenere anch’io la questione legata alle relazioni, partendo dalla mia esperienza che è legata a uno dei miei buoni maestri: un professore del liceo che però non è mai stato uno dei miei professori. Era un docente di un’altra sezione con cui lavoravo nell’extrascolastico – un po’ come stiamo facendo noi oggi. Mi sono tenuto in contatto, son partito con lui, ho fatto dei lavori di alfabetizzazione giù nel napoletano sono arrivato fino in Perù con questa persona qua, Aldo Martinotti, un professore di italiano.

Sono incontri importanti, gli incontri di una vita. Passiamo ora alle altre domande del nostro questionario. Quando invece secondo te un* insegnante NON è brav*? Se tu fossi un* insegnate quale sarebbe la cosa che vorresti davvero insegnare? Se fossi un*insegnate in che modo aiuteresti?

Alì: Per me un* insegnante non è un* buon* insegnante quando non capisce l’alunno. Per esempio, se un alunno non capisce qualcosa, non è in grado di spiegarsi diversamente.

Se tu fossi un insegnate cosa ti piacerebbe insegnare ai tuoi allievi?

Alì: L’educazione.

Secondo te quali sono gli elementi fondamentali delleducazione?

Alì: L’onestà, capire e non fare la cosa sbagliata, capire i propri errori e provare a riflettere su di essi per poterli risolvere al meglio. Per vivere libero, perché quando hai fatto un errore senti che c’è qualcosa di pesante e non riesci ad essere libero. È una catena, se non fai una di queste cose si perde tutto. Se non sei onesto sei un bugiardo e non riesci a riconoscere i tuoi errori. Se sei un bugiardo le persone non ti credono più, non riesci ad avere il loro rispetto, non riesci a concludere tutta la catena.

E se fossi un insegnate Alì, cosa faresti per i tuoi alunni?

Alì: La verità si insegna fin da quando sei piccolo, perché se la persona cresce bugiarda non riesce a cambiare.

Ma se tu avessi  alunn* della tua età come potresti insegnare loro a essere onesti?

Alì: Per prima cosa devo studiare l’alunno, come la pensa, le sue reazioni, poi capisco la situazione e provo a comprenderlo.

Margherita: Uno dei problemi che si pongono molte piattaforme e anche molt* insegnant* adesso con la DAD è quella di non farsi imbrogliare dagli studenti e quindi di attivare delle strategie. Ecco questo va nel cuore di quello che diceva All, non è partendo da questi presupposti che si stabilisce un rapporto onesto con gli insegnati, ma neanche con gli alunni, perché mette in dubbio all’origine l’onestà di quelli che ha di fronte. Quindi il rapporto di fiducia reciproca semplicemente non funziona. Questo sottolineare l’onestà da parte di Ali èproprio bellissimo, è il fondamento su cui si basa l’apprendimento: io mi fido di te e tu di fidi di me e si fa con l’esempio, con la comprensione.

Liliana: Per me un insegnante non è bravo quando non ama il suo lavoro e lascia indietro un alunno e continua a spiegare senza accorgersene; ma anche quando non lo aiuta non solo nella didattica, e magari se ha dei problemi non se ne rende nemmeno conto. Però in generale quando non si ama il proprio lavoro da insegnante.

E se tu fossi uninsegnante quale sarebbe la cosa che vorresti realmente insegnare?

Liliana: Prima di tutto il rispetto verso gli altri e saper convivere con chi ci circonda, per farli stare insieme in compagnia di persona e non tramite telefono a distanza insomma. La DAD ha lati positivi e negativi, però si mi è pesata perché mancava il contatto diretto con l’altro. Se fossi un’insegnante aiuterei i ragazzi e le ragazze a chiarire i loro interessi.

Fatima: Un insegnante per me non è bravo quando non sa spiegare bene e quando fa troppi esempi senza riuscire a spiegare. Anche quando segue magari solo una metà della classe senza preoccuparsi degli altri. Io aiuterei a tutta la classe, anche i ragazzi e le ragazze “stranieri”,  chi ha più difficoltà. Per esempio, ho un’insegnante che quando spiega usa troppi esempi e alla fine della lezione io non capisco bene.

Margherita: Quello che dice Fatima è molto interessante, perché le persone hanno diversi modi di apprendere, quindi un bravo insegnante deve capire che magari per alcun* quel modo lì va bene, mentre per altr* no, quindi deve capire come rapportarsi con tutta la classe.

Alessandro: Per me un insegnante non è bravo quando non spiega bene, è

menefreghista, non si interessa per niente ai suoi alunni. Questo mi fa molto

arrabbiare.

E se tu fossi un insegnante quale sarebbe la cosa che vorresti davvero

insegnare ai tuoi alunni?

Alessandro: L’aiutarsi a vicenda, essere leali l’uno con l’altro.

Secondo te ci sono delle strategie per essere un* brav* insegnante?

Alessandro: Sì, essere un po’ simpatico.

Madison: Concordo con quello che hanno detto gli altri, quando un insegnate

spiega e non nota che qualcuno è rimasto indietro…Be, non è un brav* insegnante.
Se fossi un’insegnante gli insegnerei a non essere razzista.

Come proveresti ad insegnare loro questa cosa?

Madison: Inventerei una situazione e chiederei loro cosa farebbero.

Ti sei trovata in questa situazione? Tu hai avuto degli insegnati razzisti? 

Madison: No, mai.

Carla: Io penso che non mi siano piaciuti insegnanti che ho avuto che in

qualche modo non mi hanno visto, che avevano tante cose da dire, ma se io

ero lì o meno era assolutamente la stessa cosa. Quindi, secondo me, un cattivo

insegnante è soprattutto chi non sa osservare e non sa ascoltare chi ha di

fronte. La seconda domanda è molto interessante. La prima parola che mi è

venuta in mente è l’accoglienza. La capacità di accogliere non solo quello che

arriva da sé stessi ma anche gli altri. La capacità di accogliere qualcosa che

magari all’inizio non piace, semplicemente non per farselo piacere, ma

semplicemente per sapere che esiste. Per aiutare i miei alunni forse, proverei a

giocare con i ruoli, mettere chi normalmente è in una posizione di ascolto nella

posizione di spiegare e raccontare, per far provare come ci si sente.

Alì: Secondo me le persone devono accettare le altre persone e guardare il loro

lato positivo. Non guardano un dittatore, un re che comanda il popolo. Deve

guardare nel popolo stesso.

È una metafora molto forte, cioè unimmagine molto forte, spiegaci meglio.

Alì: Perché il dittatore rappresenta il popolo e quando qualcuno guarda il

dittatore di quel popolo si fa un’idea di questo popolo. Però non bisogna

pensare così. Se un insegnante vede un suo alunno che viene da un altro paese,

deve guardare e osservare lui e non solo le sue origini. Non deve avere

pregiudizi verso di lui.

Martina:Mi ricollego molto a quello che è stato appena detto, nel senso che

secondo me, un insegnate non è bravo quando non pone attenzione, quindi

quando mette in difficoltà i suoi alunni. Per esempio, se ho un alunno

particolarmente timido, metterlo al centro dell’attenzione non aiuta, ma magari

non tutti gli insegnanti sono così attenti da evitare queste cose. Invece, se fossi

un’insegnante io vorrei insegnare la cura, la cura delle persone, dei luoghi, delle cose.

Avere cura, perché secondo me è una cosa che è andata un po’ persa.

Insegnare questa cosa non è semplice, però basterebbe che un’insegnante

ponga cura nei suoi alunni, in quello che fa.

Jhiannie: un* insegnate non è brav* quando pensa troppo alle valutazioni in

sé e non al percorso che sta facendo lo studente, e non valuta il

miglioramento. Perché, per esempio, vedere uno studente che prende sempre

tanti 8, poi prende un 9 sembra quasi normale, però se un ragazzo parte da un

4 e poi pian piano arriva ad un 10 è molto più bello da vedere. Vedere il

miglioramento insomma.

Fabio: La cura verso il processo di miglioramento, mettiamola giù così.

Rossana: Ora volevo andare su una idea più generale, oltre la scuola. Nel vostro percorso provate a immaginare un uomo e una donna che vi ha insegnato qualcosa. Chi vi viene in mente e cosa

vi hanno insegnato? Vi faccio un esempio, io ho un’amica carissima Clorinda, siamo

amiche da quando abbiamo 8 anni, sua madre Angela mi ha insegnato tantissimo, con

il suo modo di essere, lei aveva una vita complicata, tanti bambini, tant lavoro… però aveva

sempre il sorriso sulle labbra ed era calma, serena; una volta le chiesi: “Angela scusi, ma lei

come fa ad essere sempre così sorridente? Come fa a far tutte queste cose?” e

lei rispose: “Rossana che ti devo dire, io cerco di fare una cosa alla volta e di

farla bene, quando ho finito una ne comincio una nuova”. Per me il suo sorriso, la sua vita complicata e quel “metodo” sono un grande insegnamento.

Alì: Ho imparato da tutti! Da ciascuno ho imparato qualcosa. Ho imparato come si studia,

perché e come. Però non ci serve, perché la storia continuerà ad andare avanti,

il passato non ci serve più. Alcune volte ci serve il passato, però a cosa serve

capire le guerre, perché facciamo le guerre? Storia delle religioni è interessante,

perché quando studio la mia religione, capisco che è tutto già scritto in un libro

sacro migliaia di anni fa, si capisce l’importanza di questa religione.

Rossana: A me invece la storia piace davvero tanto e poi mi fa capire meglio tante cose… il tempo non è mai lo stesso però poi tante situazioni del passato si presentano simili o paragonabili.

Ali: La verità è che non ci serve, se noi impariamo a vivere insieme, senza

problemi e ragioniamo con la nostra testa, non ci serve più la storia. Possiamo

vivere in un mondo più bello di questo.

Come fai a cambiare il mondo se non sai da che cosa è determinato? Però mi

piace molto il tuo pensiero: ricominciamo da adesso, ricominciamo a

vivere bene da adesso, sono daccordo, però poi ti troverai a scontrarti con

qualche cosa, lo devi conoscere. Però il punto è disimparare quello che ci ha causato tanti guai…

Alessandro: La storia serve anche a non commettere gli stessi errori del

passato.

Alì: La verità è che se capiamo come comprendere la persona con cui stai

parlando riesci a migliorare. O le industrie che vogliono solo crescere e vogliono

solo soldi, fa la differenza. Adesso il mondo è pieno di plastica, non possiamo

risolverla.

Però ci sono scienziati, biologhi che hanno studiato dei modi per

riutilizzare la plastica e liberarcene per sempre. Ma è lo studio che porta a

questo.

Alì: Non sono contro lo studio, sono contro le cose sbagliate che sono

successe nel passato. A cosa serve capire una cosa sbagliata dal passato?

Rossana: certo, ho capito benissimo ed è molto interessante. Noi siamo nuovi, è un

mondo nuovo e cerchiamo di farlo andare bene, di superare i limiti del passato.

Margherita:  Umberto Eco diceva che quando tu nasci è come se entrassi in un film una volta che è già cominciato; quindi tu ti trovi in questo film e il film va avanti, però per capire un po’ la trama del film, devi un po’ sapere com’è cominciata la storia, perché altrimenti alcune cose che

succedono proprio non le capisci. E pensate che è un po’ così la vita di

ciascuno di noi. Il tuo pensiero Ali è molto bello ed è stata una tentazione

dell’umanità, diverse volte, di fare piazza pulita del passato, ma questo ti

impedisce un po’ proprio di capire i terribili errori che sono stati fatti nel passato

e se non li capisci è molto facile che tu ci vada a sbattere la

testa un’altra volta.  Così come i tuoi insegnanti quando ti fanno vedere i tuoi errori

ti aiutano a migliorare, perché ti fanno capire cos’hai sbagliato nel passato tuo,

vedere gli errori dell’umanità ti può aiutare a capire che cos’ha sbagliato

l’umanità nel passato e come può fare a non sbatterci la testa contro un’altra volta. Purtroppo,

non tutti vogliono imparare dagli errori del passato, però è una strada e

secondo me questo esempio del film lo rende molto efficace.

Rossana: Volevo portare anche il tema della competenza; abbiamo

parlato di relazione e io sono molto d’accordo con tutte le cose che sono state

dette, sull’importanza di avere delle buone relazioni, però negli anni ho molto

apprezzato anche insegnanti che magari non avevano il dono della simpatia,

empatia, ma che avevano una grandissima competenza della propria materia. Io

penso che un* buon* insegnate sia qualcuno anche che scommette sulla

possibilità di trasmettere un sapere, qualcosa che ha costruito nel tempo con

attenzione e con cura, come diceva Martina, e che si impegna con tutto se

stesso per trasmettere le cose che ha imparato, può essere un maestro d’arte,

di un mestiere, un maestro a scuola. Però quando si incontra qualcun* che sa

fare una cosa veramente bene, il valore dell’incontro è immenso.

Fabio: Non vorrei aggiungere nulla, perché credo che sia stato detto molto,

anche al di sopra, come spesso succede in questi venerdì, anche al di sopra

delle mie aspettative, e quindi bravi tutti. E mi sono stupito e mi piace farmi

stupire.

Anche questa è una bella cosa da insegnare. Imparare a meravigliarsi.

Si conclude con questa chiacchierata la nostra inchiesta sul buon maestro e la buona maestra…

Se ti interessa leggere tutti i contributi vai al link 


Da queste parole si potrebbe trarre, volendo, un manuale molto utile a migliorare quel momento di incontro prezioso che è la relazione educativa, il fondamento di ogni società degna di questo nome.

Buone vacanze!


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