Solstizio d’estate (fine scuola)

Il 15 giugno mi è stata consegnata la pagella che ha concluso la mia terza liceo, il mio primo anno quasi normale da quando sono al Carducci. Ovviamente ogni due o tre settimane qualche compagno spariva nel mistico mondo della quarantena, ma alla fine bisogna solo abituarsi, come siamo stati costretti a fare in due anni di Dad.
È stato un anno lungo, non so perché questo sia il primo aggettivo che mi viene in mente, forse potrà sembrare una qualità negativa, ma pensate alle maratone, più sono lunghe più il traguardo è una liberazione. Forse non vi ho convinti con questa metafora sportiva, ma spero il messaggio sia passato. Mi sono divertito e ci siamo divertiti tutti, anche se non è quello che ci viene chiesto a fine anno dai numerosi parenti: mai nessuno che ci chieda mai come siamo stati durante l’anno, a tutti basta che sulla pagella finale ci sia scritto a caratteri cubitali la stupenda parola: promosso.

Quando parlo di divertimento non mi riferisco solo alle partitelle abusive tra i banchi, c’è stato un periodo nel quale scorreva una strana sensazione dentro di noi, una forza che ci ha spinto a comunicare tra di noi e provare a cambiare un sistema che ci sta stretto da anni.

Il 7 febbraio il liceo Classico Carducci è stato occupato, dopo ben 19 anni, dagli studenti, ragazze e ragazzi, una settimana dove mi sono sentito parte portante della scuola e non più la pedina di un gioco programmato da altri.

Dopo la nostra presa di posizione  si sono mobilitate altre 25 scuole milanesi (licei Volta, Leonardo, Manzoni) e un grande numero in tutta Italia, come un tam tam, per fare passare dei messaggi: maggiori investimenti nella scuola, revisione di un sistema di valutazione ormai sorpassato e più tutela della salute mentale degli studenti. Queste sono alcune delle rivendicazioni che sono state portate nelle scuole. Ovviamente non è cambiato nulla, ma forse è normale che sia così, diventa una spinta per continuare a costruirsi una scuola che valorizzi ogni studente.
Io ne ho approfittato per entrare in molti licei e vederli dell’interno, scoprire tante altre realtà in edifici stupendi, come la scuola del Berchet, che ha un intero piano di animali imbalsamati; ho imparato ad apprezzare quei luoghi dove vivono e hanno vissuto altri studenti e studentesse, i loro segni sui muri o le scritte nei bagni. Quelle settimane sono state come una forte scossa di terremoto che ha aperto crepe nei rapporti  tra studenti e insegnanti, ma anche tra gli studenti stessi: non tutti hanno apprezzato quei momenti, alcuni infatti non hanno giudicato l’occupazione come il giusto metodo e questa cosa mi ha sorpreso, ma è stato interessante confrontarsi con idee diverse dalle mie.

Dopo mesi e mesi con l’avvicinarsi della fine della scuola quelle settimane sono diventati ricordi passati che generavano solo discussioni interminabili. Anche io ho sentito una sensazione di vuoto nel ricordare tutti quei momenti pieni di energia. Con la fine dell’anno nessuno aveva più voglia di pensarci ancora: c’era bisogno di divertirsi, urlare e conoscere nuove persone, infatti la sera del 7 giugno, come da tradizione, ci siamo trovati in massa sul Monte Stella a San Siro, studenti e studentesse di tutta Milano hanno riempito e abitato per tutta la collinetta. Il giorno dopo, con un’ora sola di sonno sulle spalle, abbiamo affrontato l’ultimo giorno e io, tra una versione di latino inventata e una verifica di fisica incredibilmente difficile sento di essere arrivato alla fine e sento ancora dentro un vuoto: ho voglia di ricominciare tutto da capo a settembre.


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