Vulvodinia? Parliamone.

La vulvodinia, una sindrome cronica che cagiona un dolore vulvare debilitante, vincola e invalida le vite del 10% della popolazione femminile in età giovanile. Tuttavia, questa sindrome può essere definita “doppiamente invisibile” poiché spesso ignorata dai medici ed esclusa dall’elenco delle malattie croniche e invalidanti riconosciute dal Servizio sanitario nazionale.

Le terapie si differenziano in virtù della varietà delle cause, ma in ogni caso il supporto psicologico si dimostra fondamentale per affrontare i traumi pregressi e la scossa quotidiana: il dolore nevralgico si somma agli effetti dei farmaci, tra cui spicca la mancanza di desiderio. Inoltre, la lentezza nella diagnosi grava ulteriormente sulla persona affetta da vulvodinia, costretta a fronteggiare le conseguenze di una sessualità arginata dal dolore e attanagliata dalle insicurezze: la sofferenza fisica si fonde con la sensazione di inadeguatezza e pudore, per cui la donna, incapace di sperimentare liberamente il piacere sessuale, finisce per sentirsi sbagliata e addirittura privata della sua femminilità.
La disinformazione scaturisce dal tabù in merito alla sfera dell’intimità femminile, che induce le donne affette a vergognarsi e a sottovalutare il problema, nonostante la sindrome influenzi ogni aspetto della loro quotidianità, soprattutto per quanto concerne l’ambito economico, psicologico e privato. La vulvodinia sconvolge la vita e costringe a cambiare le abitudini: per guarire bisogna seguire una terapia multidisciplinare, che prevede un determinato regime alimentare, l’esecuzione di esercizi e attenzione in ogni gesto.

Alcuni collettivi contribuiscono alla divulgazione di informazioni utili ed esplicite, senza sovrapporsi alle notizie di attendibilità scientifica. E’ il caso dell’associazione viva. Oltre a sensibilizzare sulla vulvodinia, alcuni siti e associazioni come queste si pongono come obiettivo di includere alcune patologie del corpo femminile nell’elenco delle malattie riconosciute dallo Stato, così che vengano elargite prestazioni o servizi forniti dal Servizio sanitario. Discorrere dell’argomento con serenità e apertura aiuta chi soffre di questo disturbo ad aprirsi, a non sentirsi sole e a capire meglio la natura del problema, così da trovare una via di uscita e cominciare a vivere.


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