La storia siamo noi

Oggi 15 dicembre il comitato Milano Antifascista Antirazzista Meticcia e Solidale invita studenti e studentesse a un presidio artistico in piazza Fontana a Milano, per un lavoro dedicato alla storia del 12 dicembre e alla morte di Giuseppe Pinelli.
Venerdì 17 invece, alle ore 18, alla Casa della memoria di via Confalonieri – vicino al Bosco verticale – la proiezione del film di Claudia Cipriani Pino. Vita accidentale di un anarchico, da cui è stata tratta una graphic novel edita da Milieu e in tutte le librerie.
Sono due iniziative che parlano di memoria, ma che secondo esprimono quel bisogno che le generazioni più giovani hanno di comprendere il passato, o meglio il presente alla luce del passato: di conoscere la storia.

Personalmente il senso della storia mi dà i brividi. Pensare che cammino le stesse strade calpestate dai miei simili trecento o quattrocento anni fa, o che la nonna di mia madre non conosceva l’areoplano né la televisione, parlava soltanto in dialetto e non era mai stata a Milano – dove sono nata e cresciuta. Pensare che pochi “gradi di separazione” tengono comunque i nostri mondi così diversi insieme come tanti fili in comune, magari mentre cucino un piatto di pasta e broccoli come faceva lei, o mentre penso che il mio bisogno di mare e di campagna viene proprio da una storia precedente alla mia, dalla terra in cui sono nati i miei genitori, per esempio: il dna è una storia di filamenti, anche culturali, anche di piccoli gesti.

Il 12 dicembre 1969 io avevo 6 anni, ma me lo ricordo come fosse ora, il giorno in cui a Milano, in piazza Fontana, proprio alle spalle del Duomo, scoppiò una bomba che uccise 17 persone e ne ferì 88, e che segnò una ferita nella storia italiana, che in un certo senso non si è mai chiusa. Ricordo lo spavento, la cupezza di quei giorni, lo smarrimento di morti tragiche ingiuste e della voglia di qualcuno di comandare con la paura.

Tre giorni dopo, la notte del 15 dicembre, morì anche l’anarchico Giuseppe Pinelli che con Pietro Valpreda fu accusato ingiustamente di essere il colpevole della strage. Dissero che si era buttato giù, ma era una bugia. “Venne buttato”, probabilmente già morto, dalle finestre della Questura, e questa verità ha fatto molta fatica a farsi strada e ad essere condivisa, come ha raccontato Licia Rognini Pinelli, la moglie di Pino che ha dedicato praticamente la sua vita a far luce sulla verità, in un libro importante scritto con il giornalista Piero Scaramucci Una storia quasi soltanto mia. La sua storia ancora fa male perché lo stato si è reso colpevole di un omicidio e di una grande ingiustizia, e ha tentato con molti mezzi di oscurare le proprie responsabilità.

Raccontare piazza Fontana significa raccontare anche la storia e l’inizio di quella “strategia della tensione” che ha segnato la storia italiana e soprattutto la possibilità che la nostra democrazia potesse davvero realizzarsi.

La storia è qualcosa che ci appartiene, che racconta qualcosa di noi. È fondamentale per capire chi siamo e ci aiuta a non cadere nella trappola della semplificazione, del qualunquismo, delle parole sparate a caso.
Studiare i contesti del passato remoto o prossimo può essere faticoso e difficile, ma non è mai inutile. Primo perché ci insegna a comprendere la complessità delle situazioni, e poi perché ci rende più partecipi del tempo che viviamo e delle nostre scelte. Dovremo chiedere di studiarla di più e meglio, con ogni mezzo.


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