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Foto per sé, un altro modo di scattare

Foto per sé, un altro modo di scattare

“Nonna cosa c’è in questa scatola?”


È nata così, qualche anno fa, la mia passione per la fotografia analogica: a casa della nonna mi sono imbattuta in una scatola colma di album fotografici, rullini vecchi e obbiettivi. Curiosando fra i ricordi di un’altra generazione, ho scoperto le foto scattate da mio nonno, il quale ha trasmesso la passione a mio padre. Contemplando quei pezzi di vita, talvolta sgranati e sfocati, sono stata trasportata in una dimensione passata, che, pur non appartenendomi, suscitava in me una sorta di dolce nostalgia per qualcosa che non avevo vissuto, ma che in qualche modo mi apparteneva. Vedendo le fotografie della gioventù di mio papà, mi sembrava di essere catapultata nel passato, di vedere lui alla mia età estrarre dalla salopette la macchina fotografica per immortalare i suoi amici, senza preoccuparsi del risultato, di come ognuno fosse venuto o dell’illuminazione giusta. Le foto sembrano cosparse di una patina nostalgica, che lascia sospesi in un’atmosfera irreale e magica, simile a quella che si percepisce leggendo un romanzo. Sono rimasta affascinata da come si possa intrappolare un attimo in una pellicola, accendere le emozioni riprendendo in mano una foto di cui ci eravamo dimenticati. Una foto che sprigiona emozioni immense, che è innanzitutto un simbolo, un pungolo del passato e un monito per il futuro.

Mi ha attratto l’idea di scattare per sé stessi, non per ambire alla perfezione o dimostrare qualcosa, ma per sigillare la vita in un barattolo di momenti che ci ricordano chi siamo, il nostro io più semplice e puro. Rispecchiarsi in un dettaglio, in un sorriso, in un’espressione, riconoscere che la bellezza giace nell’imperfezione e nell’autenticità, piuttosto che in una realtà costruita e virtuale in cui ognuno si finge di essere diverso da ciò che è per ottenere l’approvazione altrui. Scattare per congelare momenti che vorremmo non finissero e rappresentare la realtà secondo la propria prospettiva.

Ho iniziato ad armeggiare con le analogiche per ciò che rappresentano, per l’idea di voler valorizzare ogni momento incorniciandolo in una foto dietro la quale si nasconde un processo più lungo rispetto a quello della fotografia digitale, e per questo contribuisce a darne valore. La facilità con cui scattiamo adesso ci ha portati a mio avviso a spogliare la fotografia della sua unicità: avere a disposizione una rappresentazione della realtà comoda e immediata ci distoglie dallo sforzo di dipingere il ritratto della quotidianità in sé e per sé, come ognuno la percepisce.

Ma quando, fuori dal negozio, attendi che ti venga consegnata la chiavetta con i tuoi 36 scatti, capisci davvero quanto sia prezioso autorappresentarsi ed esprimersi, abbracciare la realtà nella sua trasparenza senza caricarla di filtri e aspettative, ma godendo della bellezza di ciò che ci circonda. Per me la macchina fotografica è una piccola casa da portare ovunque, un angolo di mondo in cui potersi rifugiare.


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