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Dentro una parola, anzi due: incommensurabile / mediazione

“Mediare”, “mediazione”, “media”: l’etimologia di queste parole rimanda al latino “mediare” che significa “dividere per metà” e anche “essere in mezzo”. Mediare tra due posizioni contrapposte significa trovare un punto equidistante dagli estremi.

 “Incommensurabile” significa letteralmente “che non ha misura comune con altra unità”.
Ho incontrato questa parola nei miei studi di filosofia della scienza.  Tranquill*, non è una cosa astrusa o difficile. La scienza che ora pratichiamo, quella che ci ha consentito di trovare il vaccino contro il Covid in poco più di un anno, per intenderci, e che ci fa arrivare sulla Luna e su Marte, è sorta da un lungo processo di uomini e di donne che l’hanno costruita nel tempo. E questa scienza porta con sé un certo modo di vedere il mondo. Più o meno tutt* noi pensiamo, per esempio, di poter avere un’influenza sulla natura, di poterne comprendere i meccanismi, di poter agire sulla nostra vita e sulla società, siamo convint* che gli eventi naturali abbiano una spiegazione razionale, che magari non abbiamo ancora compreso, ma che potremo arrivare a comprendere, con il metodo scientifico, appunto, con le teorie, gli esperimenti, le verifiche, le controverifiche, ecc…

Non è sempre stato così, nell’antichità i fenomeni naturali venivano spiegati con l’intervento di esseri soprannaturali, potenze sovraumane, divinità che sfuggivano totalmente al nostro controllo, che potevano gettarci nelle più tremende sciagure a loro capriccio. Di queste forze l’umanità si sentiva completamente in balia.

Ecco, questi due mondi, anzi questi due modi di vedere il mondo, possono essere considerati “incommensurabili”. Immaginiamo un antico greco che arrivi oggi in una delle nostre grandi città, e immaginiamo che possa parlare con un* di noi, potrebbe capire il nostro mondo e noi potremmo capire il suo?

Sarebbe molto, molto difficile.

Ho ripensato a queste due parole in questi giorni, ascoltando le cronache che arrivano da Israele e Palestina. Quel conflitto sembra così irrisolvibile, forse le visioni del mondo delle persone che si contrappongono sono tragicamente incommensurabili? Non c’è nessun terreno comune su cui si possa costruire la pace? Un po’ di giustizia e di dignità per tutt*? Non si può trovare quel punto equidistante tra i due opposti in cui costruire pace, giustizia, libertà?

Io penso che nessuna visione, nessuna idea umana sia incommensurabile con altre visioni e idee umane. C’è sempre modo di trovare una qualche “mediazione”, un termine comune tra ogni possibile contrapposizione; tra due estremi, attraverso un processo di negoziazione e comprensione, si può sempre “venirsi incontro” verso quel punto di mezzo in cui la guerra diventa pace e il conflitto riconoscimento reciproco. Perché comune è la struttura del cervello umano, comuni sono i bisogni, comuni i desideri, i sogni, le paure. Bisogna solo trovare dei modi per tradurre le visioni l’un* dell’altr*, ascoltare, fare qualche passo l’uno verso l’altro.

Ci sono persone che sanno fare questo. Ci saranno in Israele e Palestina? Ci saranno nella comunità internazionale? Io spero di sì, e forse tutt* insieme possiamo fare pressioni perché si senta forte, in tutto il mondo, la voce di chi desidera la pace, la comprensione reciproca, la fine della morte e della distruzione.

Anche con l’antico greco io credo che potremmo comprenderci, certo sarebbe lunga da spiegare, difficile persino capire da dove cominciare e forse si potrebbe avere la tentazione di rinunciarci, ma si potrebbe fare.  Ne sono convinta.


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